L'utero di metallo.



Come ci si sente dopo aver visto crollare un lavoro onesto a causa di un troino nipponico?

Fox vs. Rot: sangue, cartucce e Pet Shop Boys

Fox che sfida impavido la sorte, pronto alla pugna. Ho detto "pugna", sì.


Questo, più che una sfida, è il fortunoso intrecciarsi di due storie.

La prima, quella di Fox. Fox è un mio amico. Amico amico, non quelli che chiami amici per non far sapere che ti piace il pupparuolo. Non tutti voi bambini sapete che la passione di Fox per il collezionismo è nata relativamente tardi, folgorato dalla marziale e perfetta colonna di giochi sullo scaffale di un amico. A Ferrara, davanti all'ennesima birra, mi disse: «Non era affascinato tanto dall'idea di possedere quei giochi, quanto di poterli sistemare e mostrare con quella stessa pulizia e precisione».
Fox non solo ha ampiamente battuto il suo amico di infanzia, ma ora ha una delle collezioni di videogiochi più sontuose in Italia. Non tanto per la quantità, ma per la sorprendente qualità. Alcuni suoi cimeli sono così rari da far gola anche a psicopatici con molti più anni di acquisti compulsivi alle spalle.

La seconda storia è quella di Rot, un collezionista Neo Geo piuttosto conosciuto nell'ambiente degli appassionati della console SNK. Qui, onde evitare patetiche battute razziste, lo abbiamo sempre chiamato Ping Pong. Il sinoamericano non è famoso solo per la sua collezione piuttosto nutrita di titoli AES, ma anche per i filmati idioti che posta su Photobucket ogni volta che acquista qualche pezzo da novanta.
Casualmente Ziano mi passò un suo video per farmi ridacchiare e ne rimasi piuttosto sorpreso. Questo goliardico quarantenne, fieramente in mutande, si copriva di ridicolo con una tale autoironia da non sembrare nemmeno (troppo) patetico. Caricai il filmato su Youtube, con il solo scopo di inserirlo in questo mondezzaio, e subito dopo me ne scordai, convinto che rimanesse nell'anonimato, come tanta altra roba ben più meritevole.
Tutto a un tratto, per puro passaparola, le visite al video schizzarono alle stelle e il prode Rot si è trovato addirittura immortalato in una televisione via cavo americana, sempre con le sue fidate mutande nere.


Cosa congiunge queste due storie? Il Neo Geo, ovviamente. Sì, proprio quel bel pezzettone di pura plastica nipponica che stregò chiunque si accontentasse a quei tempi del proprio Megadrive o Super Nintendo. Perché Fox, non contento di avere da solo il 75% dei Dreamcast venduti sul suolo italico, si è buttato a pesce nel mondo del collezionismo SNK.

Non pago, ha deciso di sfidare Rot nella sua zona di caccia. Non solo ha intenzione di battere qualitativamente la sua collezione di titoli Neo Geo, ma anche di sbeffeggiarlo con una danza gaia ancora più complessa ed espressivamente potente.

Io, giudice designato, pongo i termini della sfida:

  • Fox dovrà mostrare gli stessi titoli rari del filmato presente in questo mio intervento, aggiungendo possibilmente altro materiale che Rot non pare possedere.
  • Fox dovrà registrare un filmato in cui, mostrando la suddetta collezione, ballerà sculettando in modo assai ambiguo.
  • Il filmato dovrà essere reso pubblico su Youtube entro il primo Settembre dell'anno 2010.
  • Il suo gaio dimenarsi verrà spammato su qualsiasi piattaforma di social networking conosciuta, oltre ad apparire come video di risposta a quello di Rot.
  • In caso di fallimento di uno dei primi quattro punti, Fox dovrà subire una terribile umiliazione, scelta dal giudice al momento del verdetto.



Voi, lettori di Multifap, siate dunque testimoni di questa impresa e facciate un enorme in bocca al lupo al piccolo, tenero, Fox.

Recensione in un fiato (patetico escamotaggio per non scrivere)



Abbiamo cinquanta minuti di registrazione per la prossima puntata di Multifap. Avessi un team di orientali sottopagati, utili per editare con perizia tale mole di merda audio spalmata su quattro tracce, sarei assai riposato e pronto per un pezzo lungo e gagliardo sull'iPad.
Visto che non possiedo nessun team di orientali, né di qualsiasi altra etnia che mi conceda lavoro in cambio della materiale sopravvivenza, vi dovrete puppare una dalle mie fantasiosamente piatte recensioni in un fiato.
Ecco a voi la minimicroreview di Dragon Age: Origins.



Poi non dite che il Governo non fa niente contro l'immigrazione clandestina.

«Ma che ci sono i negozi dei soldi?» [cit.]




«Buondì. Vorrei comprare due chili d'arance.»
«Certamente, signo'. In questa stagione sono buonissime.»
«Grazie mille. Quanto le devo?»
«Sono ottanta Fruttarolo Points.»
«Come, prego?»
«Sì, nel mio negozio si paga soltanto in FP. I Fruttarolo Points, per l'appunto.»
«Ma non ha alcun senso.»
«Questione di comodità. Si fidi, signo'.»
«Allora mi dica quanto mi costano in euro ottanta FP.»
«Sono due euro, all'incirca.»
«Mh. Ecco i suoi due euro, con cui mi darà gli ottanta FP che a loro volta mi servono per acquistare le dannate arance.»
«Non posso. Vendiamo soltanto tagli da cento, cinquecento e mille Fruttarolo Points.»
«Scusi, ma me ne servono ottanta e basta. E poi se prendessi il taglio da cento, che me ne faccio dei venti punti avanzati? Non ci comprerei nemmeno un baccello rinsecchito.»
«Potrebbero farle comodo in futuro, accumulando rimasugli sulla sua carta fedeltà.»
«Non so nemmeno se tornerò. Non posso proprio pagare normalmente?»
«Assolutamente no. Ma guardi signo', è un'ottima idea. Lo fanno tanti pezzi grossi dell'industria dell'intrattenimento.»
«Capisco. Vabbè, per sicurezza mi dia mille Fruttarolo Points.»
«Ecco qua. Bene, ora però esca dal mio negozio.»
«Ma io voglio prendere le arance. Ho anche pagato!»
«Sì, certamente. Infatti ora ha una scheda da mille punti. Ma è ora di chiusura. Passi domani, signo', che mi arrivano le fave fresche.»
«Già. Le fave.»

Skyfo videoludico – La lunca storia di Galleon

Si chiama Galleon ed è stato un flop. La storia potrebbe finire qui, ma a noi di MultiFap piace raccontare le verità nascoste del mondo videoludico. Ma anche no, fondamentalmente.
Comunque, andiamo avanti. Galleon è un videogiuoco d’azione con ambientazione piratesca. Oggi va molto di moda grazie alla mangiacomunisti Disney, ma ai tempi un gioco sui pirati era un vero azzardo. E infatti il tutto si è rivelato una cagata pazzesca, per citare un Fantozzi d’annata.

Galleon nasce dalla mente di Toby Gard, creatore di Lara Croft e sviluppatore del primo Tomb Raider. Mentre il gioco macina soldi a più non posso, il publisher mette in cantiere il sequel. Ma Toby non ci sta, non vuole fare un altro gioco uguale al primo e se ne va sbattendo la porta. Ma dove va? Semplice, fonda uno studio tutto suo, Confounding Factor. Non lo avete mai sentito nominare? Normale, visto che in quasi dieci anni non hanno fatto niente, se non bruciare milioni di dollari su Galleon.

Il gioco ha una storia travagliata e può tranquillamente ambire al trono di Vaporware detenuto dall’ormai morto e sepolto Duke Nukem For(n)ever. Viene annunciato nel 1997, nel '98 cambia motore grafico, doveva uscire nel 2000 ma in quello stesso anno viene ripresentato e non se lo caga nessuno. Ricambia motore grafico, il gioco deve uscire nel 2001. Niente, nuovo cambio di motore grafico. Galleon pianifica di deliziarci nel 2003. E indovinate? Non esce nemmeno nel 2003. Alla fine il gioco, orrido come pochi, rozzo e assolutamente non completo, esce ad Agosto (complimenti per il mese) 2004 esclusivamente su Xbox, non proprio la piattaforma più venduta della terra. E infatti anche Galleon non vende una mazza di nulla.

Nello stesso mese lo studio viene chiuso e Toby torna in Eidos, dove si occupa degli ultimi episodi di Tromb Raider, quelli scarsi per intenderci.

Questa è la storia di un bravo ragazzo, che però si è rifiutato di tirare BBBUGNI e per questo è stato costretto a guardare da lontano il personaggio da lui creato con tanto ammmore.

Ah, la tizia nella foto in alto assomiglia a Lara Cronft? No, è solo un caso tranquilli...

Eutanasia videoludica parte seconda: Final Fight

Ah, che ricordi.
Le vecchie sale giochi italiane, paradisi elettronici tanto cari a chiunque abbia vissuto, nelle piene facoltà mentali, gli anni Novanta. Sigarette abbandonate a bruciar plastica di cabinati, fumo appestante, pestanti bulli, incessante sferragliare di macchinette, coltellate casual e puzzo hardcore. Il Vietnam a pochi passi da casa, insomma, con la brutta differenza di non contenere una quantità sufficiente di amore lungo lungo.
Noi pargoli dell'era più fessa del Novecento sopportavamo tale condensazione d'ignoranza per non più di un paio di motivi. Il primo, certamente più influente su di me, era Final Fight.
Non saprei come descrivere l'amore che riversavo su quel cabinato ogni volta che mi era concesso di trovarlo libero, privo di inquietanti macchie e con la fessura per i gettoni funzionante. Posso solo confessare che per molti anni il titolo Capcom è stato in assoluto la pietra di paragone per qualsiasi beat 'em up giocassi. Cadillacs and Dinosaurs era il "Final Fight con i dinosauri", The Punisher il "Final Fight della Marvel", Burning Fight il "Final Fight con Hulk Hogan". Già. Fin da bamboccio traspariva la mia grande capacità di sintesi critica, pari a quella di tanti giornalisti specializzati.
I due seguiti su SNES non furono poi così malaccio, considerando l'orrore che suscitava il primo nella sua versione casalinga. Ho scritto che non furono malaccio, certo, ma i più saggi già subodoravano la sofferenza di un titolo che non meritava l'infamia di diventare una serie.
Dopo un mediocre picchiaduro a incontri in tre dimensioni, le speranze che Haggar e soci fossero lasciati dalla spremibrand Capcom a godersi la pensione, con giusto qualche comparsata alla Renato Zero, sembravano fortunatamente alte.

Sembravano.
Poi, senza nemmeno una chiamata per avvertire, ecco spuntare Final Fight Streetwise.
Io sono ignorante, non capisco un cazzo di game design e ho grossi problemi a scrivere “li” al posto di “gli” quando serve. Però, dovessi produrre un seguito di Final Fight, seguirei questi semplici comandamenti:

  • Fai sviluppare il gioco a uno studio interno che abbia esperienza nel genere.
  • Nel caso siano necessari tagli in un periodo di crisi, non far sapere allo studio che chiuderanno i battenti appena il titolo raggiungerà gli scaffali.
  • Per quanto le meccaniche di Final Fight possano sembrare vetuste, mantieni lo stesso spirito che le muoveva.
  • Evita FMV beceri per un titolo che dovrebbe avere almeno un vago sapore arcade retrò.
  • Final Fight è la fiera dei BBBUGNI senza chiacchiere. Non far scrivere uno straccio di storia. Mai.
  • Nell'ottantanove, il capostipite della serie era tecnicamente uno dei giochi più clamorosi si fossero mai visti. Cerca di fare altrettanto.
  • Se a qualcuno del team viene l'idea di un'ambientazione Free Roaming, mandalo di fretta da un oncologo per fissare una TAC al cervello.
  • La gente vuole giocare con Haggar, Cody e Guy. Del resto, solo un cercopiteco userebbe un bamboccio qualsiasi. Che ne so, il fratello di Cody.
  • Final Fight è colorato. Il seguito di Final Fight deve essere colorato.
  • I minigiochi sono il male, mai usarli. Se il gioco è corto, corto rimane.
  • I QTE sono il male, mai usarli. Se il gioco è corto, corto rimane.
  • Proponi come extra una versione perfettamente fedele all'arcade del primo Final Fight, non uno schifo che lagga su una macchina del 2000.

Capcom però se n'è fottuta di questi comandamenti e anche del semplice buon senso, cagando fuori uno dei più grassi agglomerati di cloaca digitale mai odorati nella storia del medium. Streetwise non è solo un brutto gioco basato su Final Fight, è un brutto gioco in generale. Un offesa ai fan, alle sale giochi puzzolenti e financo alle vietnamite con tanta voglia.

Segnali di accanimento terapeutico:


Lo vogliamo ricordare così:

Quelli che nei videogiochi prendono i BBBUGNI

Nella vita si danno e si prendono. I BBBUGNI, ovviamente. Quindi possiamo dedurre che i videogheims sono come la vita, visto che anche lì si danno e si prendono praticamente sempre (tranne nei giochi per i nintendari, in quel caso si vince sempre premendo il tasto A, quello grande sul Wiimote. In realtà si vince anche senza schiacciare nessun pulsante, ma mi sembrava brutto dirlo). Questa inutile introduzione serve solamente per presentare personaggi, mostri, persone, oggetti e creature indefinite che nei videogame vengono sempre mazzolati ben bene.

Ad esempio, mi vengono in mente le teste di medusa in Castlevania e, sempre nello stesso gioco, gli scheletri che saltellano allegramente per lo schermo, incapaci di infliggere un minimo danno al giocatore. Oppure cosa dire del nemico cappello di Mega Uomo? Questo coso è quasi inanimato, spara tre proiettili e si chiude a guscio, aspettando la sua fine, che arriva di solito nell’arco di 2 secondi (il tempo di premere il tasto azione sul pad o – per gli adoratori di Satana che usano emulatori sul piccì – sulla tastiera).

Rimanendo in casa Capcom (a proposito, complimenti per Dark Void) ci tengo a segnalare un mitico personaggio di Strit Faiter, E. Honda. A parte l’ovvia pubblicità occulta, il lottatore nipponico (che in teoria è agghindato come un attore di teatro no giapponese) le prende sempre e comunque, anche perché nella maggior parte dei casi appare come “primo avversario da battere” e quindi sconfiggerlo è abbastanza semplice. Ma sì dai, altro esempio tratto dalla stessa saga, da Street Fighter 2 per la precisione… La povera auto che appare nel bonus stage (idea presa paro paro da Fainal Fait), probabilmente una Toyota vecchio stile (o forse una Honda e, no, il collegamento non è casuale). Possiamo solo picchiare la vettura, fino a sfasciarla del tutto con i BBBUGNI, e anche con qualche calcio se avanza tempo. Cose belle insomma.


Continuiamo a parlare di personaggi classici, citando il gioco preferito dai Nintendari, Wii Sports. Ah no, mi son sbagliato, volevo dire Supa Mario. Anche lì, le prendono tutti. I Koopa, i Goomba, B(r)owser poi le prende in ogni episodio della serie da 25 anni.

Insomma, dare BBBUGNI aiuta a vivere meglio. Parola di lupetto (no, non è vero, non sono mai stato nei boi scaut a sodomizzare e farmi sodomizzare).

"Abbiamo i files" e altre news sparse

No, non abbiamo i files di Multifap #4 davvero. Però l'idea e una parte dei contenuti su carta sì.
Visto che siamo delle celebrità ormai, con onesta gente che ci placca per avere un autografo (curiosamente tutti individui a cui dobbiamo una cospicua somma di denaro), ci permettiamo il lusso di pubblicare un brevissimo teaser audio.

Avete capito di cosa parleremo. No? Pazienza.



Per chi non ha voglia
a ragione, aggiungeremmo di diventare fan su facebook, può seguirci su quel coso triste di Twitter. Abbiamo solo un paio di contatti che non siano vacchette in cerca di autostima. Vogliamo altre vacchette. Vi consigliamo poi di non perdere le succulenti notizie di Jack Macello, nostro indiscreto insider e giornalista di quelli veri.



Altra veloce news: come i più dritti di voi avranno notato, gli ultimi due interventi sono firmati da un autore specifico e non dall'eterogeneo "Multifap". Non è un caso. Tranne le news generiche come questa, sarà sempre così. Ci piace farci trollare direttamente, senza nasconderci dietro a un nome così blasonato. E in più viene facile aggiungere gente che abbia voglia di partecipare a questo posticino lurido, gretto e noioso.

Barbapapà e il teorema dell'usato Bioware

L'industria ama avere i soldoni belli spiattellati sul tavolo, puliti e facili da contare. Sarebbe anche un desiderio lecito, se non fosse che ha la stessa soglia di attenzione e capacità di analisi di un gruppo di gibboni intento a rimirarsi i genitali.
Per esempio combatte la pirateria con sistemi che irritano solo gli acquirenti reali, considerato che la comunità di cracker al massimo passa due ore in più per rilasciare una versione perfettamente giocabile su piattaforme p2p.
Io debbo scrivere codici lunghi come le password dei giochi NES, installare merda che rischia di far saltare il lettore, perdere tempo a far riconoscere la copia su internet, scaricare patch che cercano di ovviare alle copie warez, ma che nella migliore delle ipotesi mi creano confilitti di sistema. Il pirata lo gioca con meno intoppi, usa patch non ufficiali e gode della mia stessa esperienza anche un mese prima della data d'uscita ufficiale.
Intendiamoci: non è amaro rosicare verso chi pirata. A me non frega niente, ma proprio niente di quanto l'Average Joe spenda in un'attività dal nullo valore culturale. Non viene a rubare a me, a esser sinceri in linea di principio non ruba proprio. Tutt'al più clona.
Mi fa invece incazzare pagare una percentuale tristemente alta delle mie finanze e trovarmi a dover fronteggiare angherie tecnoburocratiche senza fine.

Ma le softuer aus non erano felici di sfasciarmi i coglioni soltanto così. «Eh no» avranno pensato «il problema che sentiamo ora, insieme all'omosessualità latente, è quel bruttocattivo mercato dell'usato».
Che machiavellico piano avranno escogitato per ovviare al problema, oltre al famigerato Digital Delivery?



Facciamo un esempio semplice da comprendere per voi bestie, roba da Albero Azzurro.
Barbapapà acquista Dragon Age: Origins al prezzo di quaranta euro. In ogni copia nuova è presente il codice per sbloccare Shale, uno dei più massicci e gradassi personaggi dell'intero balocco. Barbapapà scrive con le sue gommose mani l'intera stele di rosetta sul portale Bioware e, infine, gioisamente prende a BBBUGNI quel coacervo di cliché ispirati dal libro fantasy più sopravvalutato del globo.
Barbapapà arriva ai titoli di coda e si accorge che tutto sommato non è così Baldur's Gate come lo dipingevano. Si trasforma in un enorme betoniera rosa e decide di venderlo a Barbabravo.

Un gioco così main stream, per pc, quanto può valere usato? Trenta euro? Venticinque? Barbapapà riesce a cederlo a Barbabravo per trenta euro. Il giovine installa il titolo e già smadonna in swaili: non può usare la piattaforma online di Bioware, essendo quella copia legata all'account di Barbapapà. Magari esiste un lecito modo per raggirare l'invalidante limitazione, non saprei. Per comodità facciamo finta ci sia, eliminando l'ipotesi che Barbapapà, ora un triciclo rosa, voglia privarsi del suo account. Barbabravo, per quanto già provato dall'esperienza, può ora finalmente dilettarsi con il suo acquisto.
Il gioco offline funziona egregiamente, ma vorrebbe proprio prendere a BBBUGNI tutti con il golem misantropo. Non può usare il codice nella scatola, essendo usato. Ma, con somma gioia, nota che Shale si può comprare nello store della Bioware. Per giunta al modico prezzo di quindici dollari. Cifra da scambiare in Bioware Points prima dell'acquisto, giusto per rendere l'operazione ancora più arzigogolata e sfiancante.
Per godere della stessa esperienza di Barbapapà, Barbabravo ha speso in tutto quarantacinque euro. Più della cifra investita dal rosato padre per una copia nuova e integra. Il cosetto blu piange e Barbapapà diventa un gazebo rosa per consolarlo.
Barbaforte segue la scena con scoramento e, essendo noto il suo odio per i soprusi, scarica la versione pirata di Dragon Age: Origins. Nota, fra i vari files, anche la presenza di tutti i DLC a pagamento, pienamente funzionanti e paradossalmente più semplici da attivare in gioco.
«Sarà un errore» dice Barbabella. «Avran capito dopo questa debacle che è un sistema esageratamente punitivo» aggiunge Barbabarba. «L'usato fa parte dell'indotto dell'industria videoludica, non posso credere che non se ne accorgano presto» afferma Barbottina. «Bau bau» chiosa Barbazoo.
Sembra tutti abbiano imparato qualcosa.

Ma poi ecco che arriva questo.
Metamorfosi chiaramente blasfeme scuotono il mondo colorato di Barbapapà.


Io, essendo dotato di una forma non modificabile se non per via chirurgica, mi accontento di nominare un numero sufficiente di santi per tirar su un musical.

L'idiot weeaboo – o come costruirsi un'Arcadia personale

Volendoci affidare a dell'oggettivismo spicciolo, potremmo affermare che la presenza degli individui ipodotati non è da assimilare necessariamente alle loro dimostrazioni più plateali. Questi, sono semplicemente stupidi. Sempre con indipendenza dalle manifestazioni: risibili, criticabili o più semplicemente irritanti. Ciò nonostante, la preservazione dell'ego espresso – dell'idiot weeaboo chiaramente – dovrebbe figurare tra le nostre prime priorità esistenziali. (Un secondo e arriveremo a bashare qualcuno oppure qualcosa.)

Spinto da un nauseabondo amore universale, vi prego di tollerare e di proteggere i biomi psicologici del prossimo. (Eh eh, scusate.) In forma onesta suonerebbe più come «Non minacciate la fauna della meraviglia». Poiché, similmente al profilo della gazzella nello scorcio della Savana, i loro movimenti ci irradiano di matte risate e, alle volte, di compassione. Fidatevi, lo dice uno che ha assaggiato la carne di gazzella.

L'approccio del mammifero alla manifestazione di sé sfiora due punti molto semplici prima di realizzarsi: speranza -> fallimento/negazione -> Sasuke nippodachi mabburu. Questo fenomeno prende forma nell'apatico, confortevole, liquido dell'ignoranza; senza scordarci del caro amico rifiuto pretestuoso, possibilmente.
Segue un piccolo esempio:

«Mi chiamo Aldo Camone, piacere. Non riesco a sviluppare solide espressioni di me e sono un idiota. Ho centouno problemi, le bitches figurano tra questi. A scuola mi coglionano duro, non sanno che potrei avere un demone atrofizzato dentro di me - no, aborto vestigiale non è un sinonimo, stronzi. La mia stessa famiglia mi cogliona ancora più duro con le lezioni di piano e la messa domenicale, però ignora che dentro di me scorre sangue asiatico. La mia waifu è migliore di questi luridi umani, lei mi ama e mi fa i pompini quando grindo. Visto che loro sono chiaramente delle brutte persone [Il perché non posso spiegarlo… ma cito bene il capitolo nove di Death Note] cercherò di aggrapparmi alla scialuppina prossima de “Il mio interesse”».


La conclusione viene da sé, è un prodotto di omissioni contestualizzate. Cadendo senza supporto, le informazioni comunicate dalle bestioline vanno a legarsi casualmente con le basi logiche di poco sotto. Abbiamo la meraviglia. Un risultato grezzo, in parte, ma indiscutibilmente affascinante.

Ecco, l'impronta psicologica perde d'importanza. Non è rilevante. La ricerca dell'infelicità dietro al comportamento porta solo alla realizzazione fredda, meccanica, di un pullulare uggioso. Quando fatta ossessione dallo spettatore, un'infelicità condivisa – anche se frequentemente ignorata. Per ora non ci riguarda, non in questo discorso.

Che fare quindi? Decidiamo di rimuovere arbitrariamente parte delle nostre memorie. Il liceo? Vi riferite forse all'invasione dei Siloni nel mio cortile? Quei bifolchi galattici non mi capivano. Il primo fallimento personale? Una coincidenza narrativa. Me stesso? Beh, chiaramente la meraviglia del mondo.

Non posso chiuderlo così, pare sia convinto di quel che ho scritto. That's all folks, vado a farmi inculare da un leone nella Savana.



Edit furente:

Stavo per dimenticarmi la citazione hipster – siamo tutti lo Spherion rotondo delle trame di Final Fantasy. Figo, eh?

Multifap Presents: Monofap #1

Cosa fa una persona quando ha sonno? La risposta di un sonnologo qualsiasi a questa domanda è, tipo, dormire.
Multifap non è di questo avviso. Multifap se ha fame beve il caffè, si lava i denti con le sigarette, fa colazione con lasagne e pranza con il pandoro, piscia a sedere e caga dalle finestre. Vien da sé che alle tre di notte il tenero Matsu, in un picco di insonnia e zuccheri saturi, decida di registrare senza alcun costrutto una puntata in singolo di Multifap, battezzandola con l'esotico e imprevedibile nome di Monofap.
Alcuni punti generali:

  • Essendo speciali, usciranno con cadenza più irregolare rispetto alla serie principale. Che ricordiamo ha il record di una puntata ogni 14 mesi.
  • Monofap è uno sfogo di uno qualsiasi di Multifap che per qualche motivo ha voglia di parlare da solo. Non prendetelo sul serio, chiunque esso sia.
  • L'editing è praticamente inesistente, del resto una cosa così non merita chissà quali cure.
  • Non c'è un argomento specifico o un taglio preciso che segue. Totalmente a caso e piegato ai soli gusti del sonnambulo di turno.

Ma ciancio alle bande, ecco a voi:


Potete ascoltare 'sto schifo nel comodo player sulla destra, abbonandovi su itunes o scaricando direttamente la puntata da Mevio.

Che Dio ci perdoni. Tutti quanti.

Mi raccoglieresti quella saponetta digitale, tesoro?


Fermi tutti.
No, seriamente.
Smettete di fare qualsiasi cosa che vi stia fermando dal conoscere la Verità.
Oggi è un giorno speciale. Di quelli in cui segnare sul calendario con un enorme e turgido pennarellone rosa. Di quelli da raccontare ai propri figli con una potente erezione di nostalgia. Di quelli che non si vedono dai tempi del primo Cho Aniki.
Presente? Ecco.
Dopo il successo eclatante riscosso nella sessualmente confusa Nipponia, la Namco ha annunciato ufficialmente l'uscita europea del suo titolo di punta per il 2010 su Wii.
Stiamo ovviamente parlando del sudato, anabolizzato, imbottito, oleoso, ammiccante e invertito capolavoro che risponde al nome di Muscle March.
BEHOLD!




Che siate o meno retrosessuali, dovete farlo vostro. Chiunque abbia almeno cinque Wiiware è moralmente costretto ad acquistarlo, considerato che è chiaro sia un feticista della monnezza.

Eutanasia elettronica parte prima: Frogger.

Multifap è chiaramente a favore dell'eutanasia. No, Mister Opus Dei. Non stiamo parlando tanto dell'umana compassione per ingombranti soprammobili organici, tenuti in vita per far contento qualche omino invisibile che ci giudica, quanto di storici brand videoludici su cui viene perpetrato un evidente accanimento terapeutico.
Lasciateli morire, ve ne preghiamo.
Ci hanno dato tantissimo quando non erano ancora superflui, sorpassati e anacronistici. Crediamo si meritino di concludere la loro esperienza terrena con un fottuto straccio di dignità.
Vogliamo ricordare in questo e in futuri interventi le vittime più illustri di remaking e rebooting selvaggio, sperando di sensibilizzare le masse all'argomento. Non ci fermeremo fin quando qualcuno non aprirà un gruppo su Facebook, tipo Uccidiamo gli asasini dei klassici x la pace, sia chiaro.


Frogger


Ora, suppongo che tutti sappiano il concept di Frogger. Sei una rana, vuoi attraversare la strada. Cerchi di attraversare la strada. Muori contro pixel enormi semoventi. Infili un altro gettone. Cerchi di attraversare la strada. Eviti pixel enormi semoventi e salti su altri pixel semoventi color merda. Altra rana, vuoi attraversare la strada. Cerchi di attraversare la strada. Muori contro pixel enormi semoventi ma più gagliardi. Infili un altro gettone. Sei una rana, aldilà di ogni sospetto. Una rana che fa questo e nient'altro, per il resto della sua patetica vita virtuale fino ad esaurimento gettoni.
Come i più acuti fra voi bestie potranno intuire, le meccaniche ludiche di Frogger sono piuttosto scevre di particolari colpi di genio. Si parla del 1981. A quei tempi sembrava molto intelligente truccarsi come travestiti per fare colpo in società. In Italia c'era chi pensava di abitare in un Paese moderno. Si firmava No per l'aborto per dire di Sì. Roba semplice per gente semplice.
Del resto gran parte del fascino che suscita oggi deriva dall'assoluta carica primitiva dell'esperienza di gioco. La sua natura irripetibile, ancorata al periodo in cui uscì nelle sale, sembra un concetto molto semplice da assimilare. Sembra e basta, considerati invece i sedici seguiti più o meno ispirati dal classico Konami. Sedici, roba da far venire le lacrime anche a Wesley Snipes.
Prendiamo Frogger: Ancient Shadows ad esempio. Le similitudini sono praticamente pari a zero. Il protagonista, da stupido anfibio ossessivo-compulsivo, diventa una simpatica mascotte antropomorfa in braghe di jeans. L'obiettivo, da semplice corsa verso una tana, si tramuta nel salvataggio spericolato della propria fidanzata da un oscuro avversario. Le meccaniche, da una botta e via per mai più telefonare, si trasfigurano in zoppicanti virtuosismi platformistici, spesso arrestati da scenette piene di battute e brutture metareferenziali. Roba da sembrare un Klonoa programmato in Pascal e diretto da Coggima.
Non solo non vi è alcun collegamento sensato fra l'arcade e questo titolo del 1997, ma è anche uno dei platform più orrendi e stantii della scorsa generazione di console. Quasi meriterebbe di finire come titolo on demand su Marketplace, da quant'è brutto.

Segnali di accanimento terapeutico:


Lo vogliamo ricordare così:

Quando Multifap non c'è, l'inadatto balla.

Nonostante la lunga pausa di riflessione che Multifap si è concessa alla faccia vostra, luridi resti escrementizi, più di qualche ominide ha cercato il nostro piccolo angolo di creatività attraverso Google.
Vi vogliamo rendere partecipi delle parole precise con cui adoratori dell'entropia hanno solcato gli inospitali mari della Rete, affamati e assetati, per raggiungere le nostre impervie coste.


Troie lunghe.
Obese troie.
Fighette strete.
Tema: "Perché nessuno mi capisce?".
Cerca obese troie.
Conferenze sulla lussuria in streaming.
Donne in menopausa scopate da cazzi enormi.
Erezione lottatori.
Fitting tra super troie.
Giochi usano emotion plus.
Kojima Gulag.
Magra costole xilofono.
Obbesa troia.
Obbese troie.
Obesa e troia.
Omino incazzato gif.
Poesia sull'arte dello sculettamento.
Prove di fede.
Red troie non due cazzi negri nel culo.
Terry Bogart gay.
Vecchie scorreggione.
Video porno donna scopata da tentacoli su striming.
Yoko Ono bendata.


Stiamo tornando. Per l'ennesima volta.

Beatmania IIDX 17 Sirius LS. Il futuro. Tipo.



Siriusly

«Altro giro, altro regalo» avrebbe detto il giostraio della mia infanzia, ma un bambino morì sul calcinculo e ora lui è in galera e noi stiamo trattando di Beatmania.


Sicché alla Konami ci hanno le idee, Beatmania segue un procedimento alquanto semplice e fantasioso per non scadere nelle classiche rivoluzioni di Zelda.
Ogni iterazione infelice (guerra, distopie e gusti personali) è succeduta da una devianza plasticosa della realtà (danaro, cieli felici e drappi rosa).
E quindi: avanza Sirius!

Beatmania IIDX RED - Omino particolarmente incazzato. Niente di più.

Beatmania IIDX Happy Sky - Cieli sotto XTC. Vagonate di J-pop.

Beatmania IIDX DistorteD - Un altro omino particolarmente incazzato, stavolta sospeso tra detriti di origine tecnologica.

Beatmania IIDX Gold - Lussuria (sì, il sesso) e i danari. C'è un giapponese obeso - surreale - che urla «making pretty money!» nel menu principale.

Beatmania IIDX Dj troopers - Di nuovo l'omino incazzato. Imbraccia un fucile.
[Qui si ritorna al discorso sull'espressività. Ne imbroccano una e non la mollano a costo di morire.]

Beatmania IIDX Empress - Eh. Indòvina.

Beatmania IIDX Sirius - Siriusly.


Cabinato

Notare Anubis saiberpanc sulla destra.

Si è appena conclusa la location test della versione arcade; tenuta a キングジョイ il 30 Giugno. Novità? Sì, sfortunatamente.

Se i giapponesi si affermarono con la produzione di massa a basso costo di transistor, i coreani uguale, con la differenza marginale di uccidere manifestanti.
Perché inserire digressioni convulse? Bon, Dj Max (altro bemani, praticamente identico a Beat; basterebbe sostituire le J con le K quando il genere lo richiede), clone senza ritegno, molto semplicemente, vende di più e si sta affermando anche a livello internazionale. Impresa che non riuscì alla più famosa Konami.
Il passo più logico da fare è quindi quello di copiare l'unica nota positiva del titolo coreano, le note lunghe.
Ora venderanno un macello.

Nel frattempo i coreani lasciano ai nipponici quei tre secondi immotivati di felicità e gli copiano pure il controller ufficiale:



Fret not! Kojima è ancora dalla vostra parte.

Non c'è altro d'aggiungere o forse sì. Manca la lista dei nuovi brani. Tanto a voi interessa?


E così l'HDD warez tornò in voga tra i giocatori di Beatmania IIDX.

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